Egon è una mamma un po’ speciale.
Il primo motivo, quello che salta di più all’occhio, è perché Egon è un uomo; o meglio, un uomo di “genere non conforme”, nato in un corpo femminile che non sentiva come proprio, e per questo ha iniziato anni fa il percorso di transizione.
Il secondo motivo, quello principale, è questo:
Egon è un genitore che si è messo sempre in gioco per il bene dei suoi figli, pur perseguendo il proprio benessere come persona.
Due elementi che, generalmente ma erroneamente, siamo soliti pensare discordanti tra loro.
Egon ha due figli di 10 e 7 anni e attualmente è referente nazionale per la genitorialità trans.
Nella sua testimonianza, offerta il giorno del convegno organizzato dall’Associazione Transgenere di Torre del Lago presso l’Ospedale Versilia di Camaiore, ci ha mostrato le sue preoccupazioni, le sue paure e le sue vittorie, elevandosi a esempio contro gli stereotipi legati alla genitorialità delle persone transessuali.
All’inizio della transizione Egon era molto preoccupato: aveva paura che ai suoi figli potesse succedere qualcosa di terribile a causa sua. Riprendendo le sue parole:
“Era una convinzione dovuta all’esterno che avevo interiorizzato: pensavo che avrebbero avuto uno shock, un disagio psichico grave, oppure che si sarebbero drogati per me”.
Provava un senso di colpa enorme che lo portava a voler smettere di rincorrere il suo sogno di diventare ciò che sentiva di essere.
In realtà la verità è una:
la genitorialità per un uomo o una donna che sceglie di fare il percorso di transizione non è un elemento che deve impedire la realizzazione di sé o crea traumi ai figli, bensì la transizione “complessizza” e richiede competenze genitoriali sulle quali tutti, indipendentemente dalla propria identità di genere o orientamento sessuale, dobbiamo riflettere. Per crescere bene un figlio non è necessario essere persone omologate agli standard normativi della società, non è necessario avere accanto una persona del sesso opposto al proprio o un’identità di genere conforme a quella che ci è stata assegnata alla nascita.
In modo molto generoso Egon ci ha regalato dei consigli preziosi, frutto di un lavoro duro su di sé e della sua capacità di mettersi sempre in gioco. Eccoli di seguito:
“Non cedere mai, prima di essere un genitore sei una persona”. Ci sono dei momenti nella vita in cui è importante mettere da parte le preoccupazioni per i propri figli per sistemare delle situazioni private. Così si esprime Egon: “Se io devo essere una madre che rinuncia a sé ed è infelice, a mia volta riverserò sui figli la mia infelicità”.
“Prima si inizia il percorso meglio è: più piccoli sono i figli più è semplice, non è vero che bisogna aspettare che crescano”. Non è vero che non capiranno, anzi, saranno molto più flessibili.
“Dire sempre la verità ai bambini elaborandola rispetto alla loro capacità di comprendere”. È la confusione a essere pericolosa, non la verità.
“Aspettare le loro domande e dare loro le risposte cercando che siano presenti tutti i figli”.
Egon ricorda la domanda di suo figlio: “Perché tutti ti chiamano Egon?”, alla quale ha risposto: “Mi chiamano così perché l’ho scelto io”.
“Far sentire loro tutta la vicinanza possibile, fargli capire che siamo il loro punto di riferimento esattamente come prima”. Perseguire la propria natura e fare un percorso di transizione non significa abbandonare o traumatizzare i figli. I bambini hanno bisogno di sentire l’amore e la presenza del genitore, indipendentemente dalla sua identità di genere.
Egon chiude la sua testimonianza con un grande sorriso, è molto emozionato, dice che il percorso di transizione gli ha insegnato ad affinare la sua genitorialità, ha imparato ad ascoltare molto i suoi bambini e il regalo più grande è arrivato quando suo figlio gli ha detto: “Mamma, quando sarò genitore voglio essere come te!”.
Elena Cucurnia
foto: www.livornorainbow.it