In occasione dell’International Coming Out Day dell’11 ottobre 2015, CondividiLove, in collaborazione con l’Agedo (Associazione Genitori di Omosessuali) di Roma, ha realizzato il video #AmoreDimmelo con l’intento di invitare al coming out le persone gay e lesbiche che ancora non si sono dichiarate ai propri genitori. Per questo viene data la parola direttamente ai genitori.
Ricordo che per coming out s’intende il rivelare volontariamente il proprio orientamento sessuale a un altro (a differenza dell’outing, che avviene quando qualcuno rivela pubblicamente l’orientamento sessuale di un altro senza il suo consenso).
Il titolo del video fa subito capire come questi genitori esortino i figli a dichiararsi.
Ai genitori intervistati viene chiesto qual è stata la loro esperienza in merito e così emergono molti aspetti comuni. Alcuni dei loro figli hanno scelto una modalità diretta per dichiararsi, parlando con loro a casa o in auto, altri una più indiretta, come scrivere una lettera.
Dopo avere richiamato il loro vivido ricordo, i genitori ci raccontano come il coming out di un figlio possa “all’improvviso smantellare tutto con un colpo solo”, facendo “franare la terra sotto ai piedi”. Alcuni riferiscono una prima reazione di grande dolore e chiusura, c’è chi si è sentito in colpa, responsabile e si è chiesto in che cosa avesse sbagliato, c’è chi toglie la parola al figlio.
Accanto a queste esperienze ci sono quelle di chi non si è sorpreso poi molto, di chi già se lo aspettava. Qualche genitore ha aspettato che il figlio o la figlia fosse pronto/a a farsi avanti e tutto è avvenuto in modo naturale, altri hanno “fatto tana”, spingendo i figli a dichiararsi.
Una madre ci dice che, benché avesse già amici gay, di fronte al coming out del figlio non ha certo fatto i salti di gioia, perché comunque, in quel momento, un genitore fa i conti con una realtà ben più intima e personale. Ogni genitore si ritrova a elaborare, con i suoi tempi e le sue modalità, la discrepanza che c’è tra l’idea che si era costruita del proprio figlio e quello che è davvero.
Molti riportano le preoccupazioni che subito si affacciano alla mente immaginando il figlio gay o la figlia lesbica in questa società.
Che vita avrà?
Avrà un lavoro?
Potrà avere bambini?
Toccante vedere come comunque, al di là di preoccupazioni e timori, una madre racconta commossa di aver semplicemente abbracciato la figlia, con un gesto di amore incondizionato.
Tutti i genitori si trovano d’accordo su un aspetto: mai avrebbero preferito non sapere!
Una madre addirittura dice di avere lottato per saperlo, mentre altri sottolineano come non sapere sarebbe stato peggio sia per i figli sia per i genitori. “Se non lo avessi saputo, non avrei conosciuto mio figlio”, risponde una madre.
Ai figli è rivolto un invito a dichiararsi, mentre ai genitori uno a ricorrere alla conoscenza e all’amore per i propri figli nell’affrontare questa “tempesta”, così da far tornare il “sereno”. Un padre dice: “Occorre piangere e studiare”. Per lui, come per altri, il coming out del figlio è stato anche l’opportunità per entrare in un mondo prima sconosciuto. Il coming out è descritto, pertanto, come un dono per entrambi, un’occasione per avvicinarsi.
L’ultima parte del video è, quindi, un vero e proprio incitamento che questi genitori rivolgono ai figli ancora “nascosti nell’armadio”, affinché facciano coming out.
“La verità fa bene alla salute”,
“Non ho fatto tutto quello che ho fatto per vederti vivere nell’ombra”,
“Voglio vederti felice adesso”, sono alcune dei messaggi lanciati.
Alla fine arrivano i figli e si abbracciano calorosamente con i propri genitori.
“Finalmente ho dato un nome a quello che sono”: queste sono le parole di un ragazzo alla madre.
La condizione definita come “minority stress”, ossia l’insieme dei disagi psicologici vissuti da chi appartiene a una minoranza, come le persone omosessuali, rappresenta un grande peso nella vita di tutti i giorni.
Dover vivere alcuni aspetti della propria vita, così importanti perché inerenti la propria identità, di nascosto, all’insaputa delle persone a cui si vuole bene, si traduce nel non essere riconosciuti per quello che si è e nel sentirsi alieni, in un mondo dove si è soli a convivere costantemente con bugie, omissioni, discriminazioni ecc.
D’altra parte, però, trovo questo bellissimo invito a cuore aperto a dichiararsi, ripetuto più volte, “Dai amore, dimmelo!”, da non sottovalutare.
Il rischio insito potrebbe essere quello di spingere alcuni giovani che vedono il video a pensare che l’auspicato lieto fine sia l’unico possibile. Purtroppo ancora molta cronaca ci pone di fronte a una realtà ben diversa. Non tutti i genitori sono pronti a reagire così di fronte al coming out di un figlio.
Molti giovani inoltre si ritrovano a essere dipendenti dalle loro famiglie per poter sopravvivere, non sono economicamente autosufficienti. Per questo ritengo che sia importante ponderare bene questa scelta e riflettere su che cosa sono disposti a rischiare.
Certi ambienti risentono molto di pregiudizi, ideologie e concetti religiosi che potrebbero non lasciar spazio a un vero confronto. Pertanto, un adulto omosessuale che ha una propria vita, una casa, un lavoro e vive una relazione amorosa ma ancora non si è dichiarato in famiglia per paura di una reazione negativa, non è paragonabile a un adolescente ancora pienamente inserito nel proprio nucleo familiare d’origine, dal quale dipende.
Resta il fatto che non si può mai sapere prima quale sarà la reazione dell’altro di fronte a un nostro comportamento. Esorto a stare in una posizione intermedia tra un rigido blocco connotato soltanto da paure e un’opposta impulsività. Si cerchi piuttosto di ascoltare se stessi e di cogliere i messaggi lanciati dal proprio ambiente, tastando il terreno.
Ovviamente poi, per fortuna, ciascuno di noi ha le proprie risorse e molteplici affetti su cui potere contare.
Riccardo Matteoli